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Coronavirus (COVID-19) e l’economia mondiale

Dallo scoppio dell’epidemia di coronavirus a oggi, l’importanza della Cina nell’economia mondiale è cresciuta in modo radicale. Non solo sul fronte manifatturiero, ma anche su quello dei consumi e del commercio.

L’impatto dell’epidemia di coronavirus 2019-nCoV (nome provvisorio assegnato al virus che si sta diffondendo, in Cina e non solo, in questi giorni) non è ancora completamente chiaro, ma la sua portata sarà determinata dalla sua diffusione e, soprattutto, dal suo contenimento.

Il virus che affonda l’economia cinese..e non solo

Secondo il centro di ricerca britannico Oxford Economics, citato dalla Bbc, è presto per tentare di quantificare gli effetti economici, perché molto dipenderà dalla capacità di contenere il virus. In ogni caso però nel primo trimestre di quest’anno l’economia cinese crescerà meno del 4% rispetto allo stesso periodo del 2019, con una stima sull’intero anno del 5,6% che, prima dell’epidemia, era invece del 6%. Il tutto dovrebbe impattare sull’economia mondiale tagliando lo 0,2% alle attese di crescita: ma solo nell’ipotesi che si eviti lo “scenario peggiore”.

Cina protagonista dei mercati mondiali

Ma ad aggravare la situazione sul fronte economico è il fatto che la Cina, che già da qualche anno rappresenta il primo mercato al mondo per il retail, sta per diventarlo anche per i beni semidurevoli. Merito del traino della domanda della sua classe media in costante espansione.

In base ai dati sull’interscambio bilaterale con la Cina, tra le aree più connesse al mercato della Repubblica Popolare, dopo i Paesi dell’Asia, con un valore di 1.195 miliardi di dollari, ci sono quelli dell’Europa con 477 miliardi e del Nord America per 465 miliardi. Nel 2017 l’import tedesco dalla Cina è stato pari a 78,15 miliardi di dollari (+9,36%), quello francese di 30,84 (+10,83%), mentre quello italiano di 33,32 (+13,8%). Per quanto riguarda l’export, invece, la Germania resta sempre in testa a livello europeo, esportando merci per un valore complessivo di 106 miliardi, mentre la Francia ne esporta per 32,27 e l’Italia per 21,17.

Se nel 2017 l’Italia aveva registrato il più alto tasso di crescita dell’export di un Paese europeo in Cina (+22%), nel 2018 è stata la Francia a registrare un significativo incremento delle proprie esportazioni, con un tasso di crescita del 18%; mentre l’Italia è cresciuta appena del 3,69%. L’interscambio totale tra Cina e Germania tocca la cifra di 184 miliardi di dollari, mentre tra Cina e Francia di 63 miliardi e tra Cina e Italia di 54 miliardi.

Il coronavirus ha già colpito l’autovmotive

L’impatto dell’attuale epidemia di coronavirus si è già fatto sentire sul settore automotive, che rappresenta il cuore della manifattura industriale non solo in Cina ma, ad esempio, anche in Germania. Agli stabilimenti automobilistici in tutta la Cina il Governo di Pechino ha ordinato di restare chiusi dopo le vacanze del Capodanno lunare.

Volkswagen, Fca, Toyota, Daimler, General Motors, Renault, Honda e Hyundai hanno fermato la produzione in quello che è il maggior mercato automobilistico mondiale.

Secondo l’analisi di S&P, la produzione di auto in Cina calera del 15% nel primo trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.

Le banche centrali asiatiche tagliano i tassi

Come risposta alla crisi, la Banca popolare cinese ha tagliato il tasso di interesse base e ha iniettato enormi quantità di liquidità nei mercati per contribuire a ridurre la pressione sulle banche e sui debitori. Il Governo di Pechino inoltre ha anche annunciato nuove agevolazioni fiscali e sussidi per sostenere i consumi interni. Anche le Banche centrali di Sri Lanka, Malesia, Tailandia e Filippine hanno tagliato i tassi di interesse nelle ultime settimane, mentre Corea del Sud e Taiwan potrebbero seguire a breve. Il problema però è che dal 2014 la Banca centrale europea ha già tassi negativi, situazione simile a quella della Banca del Giappone, mentre la Federal Reserve americana ha già tagliato i tassi di interesse tre volte l’anno scorso e sta monitorando attentamente la situazione.

Difficile che una risposta alla crisi globale innescata dall’epidemia cinese possa invece arrivare da stimoli fiscali nell’Unione Europea. D’altronde la situazione economica nel Vecchio Continente non era delle migliori già prima dell’esplosione dell’epidemia. La Germania a dicembre ha fatto registrare una contrazione drammatica della produzione industriale, con un -3,5% su base annua che è il dato peggiore dalla recessione del 2008-2009. In Italia invece l’esperienza del reddito di cittadinanza sinora non pare avere generato risultati significativi quanto a incremento dei consumi interni e del prodotto interno lordo, che nel quarto trimestre dell’anno scorso è calato dello 0,3%, con il dato peggiore dal 2013. Con i due principali Paesi manifatturieri della Ue e due dei principali partner produttivi e commerciali della Cina già in difficoltà, il 2020 non promette per niente bene per l’economia europea.

Credit: https://valori.it/

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